Gentile Redazione,
Sono un ragazzo di tredici anni, e ciò significa che nel giro di pochi anni avrò la possibilità di entrare in quel fantastico mondo delle feste, dei raduni e delle serate con gli amici, ritratti come meravigliosi da molti ragazzi e ragazze.
Confido nel fatto che voi lettori abbiate giudicato comune quest'affermazione; rispettabile, vero, ma comunque normale. Ma, se ci si pensa su un po', questa frase non è poi così immediata. Vi sarete certamente accorti del dubbio, dell'incertezza; o forse no. Sta a me spiegarmi meglio affinché tutti, lettori ed editori, possiate comprendere i miei pensieri.
Innanzitutto, pensiamo alle prime parole. “Avrò la possibilità di...”. Cosa vi suscitano? Esitazione, titubanza, secondo me. Sarebbe stata cosa ben diversa scrivere “Farò”; infatti è questo il nocciolo dell'argomento. Sì, perché nel mondo odierno si tende a gettarsi a capofitto negli eventi, solo perché gli altri lo fanno. Vorrei manifestare la mia contrarietà a chi si fida in modo assoluto dei pareri altrui. È una specie di ritorno al passato, quando gli antichi studiosi prendevano alla lettera tutte le dichiarazioni del celeberrimo Aristotele, fino a quando una persona giudiziosa ha avuto il coraggio di opporsi e di far valere la ragione. Cioè, forse suonerà un po' strano, ma io la penso così, per adesso: non credo che questo mondo sia così fantastico ed eccitante. Mi riferisco al mondo della discoteca in particolare, visto che si tratta dell'argomento del vostro Giornale. Non deve essere necessariamente un obbligo quello di andare il sabato sera a ballare con gli amici, ma solo un piacere. Non deve servire a mostrare la propria sinergia con il mondo comune; non deve apparire come un modo per sembrare tali e quali agli altri. Ci è stata donata una mente, con la quale pensare, riflettere e solo in seguito agire. Le decisioni che prendiamo non devono essere influenzate quasi esclusivamente da ciò che gli altri ci dicono. Il tipico insegnamento che ci viene ripetuto quando siamo piccoli, ma che stiamo lentamente dimenticando. Un'azione non può essere giustificata, sia essa buona o non, dalle tenute morali degli altri. È un triste aspetto della vita questo, uno dei tanti che mi trovo a fronteggiare in questo periodo, un quesito cui vorrei una risposta da voi. Ormai stiamo cercando di diventare sempre più uguali ai nostri coetanei. Stesse frasi, stesse abitudini, stesse passioni, stessi oggetti; per quanto ognuno di noi tenda a differenziarsi dagli altri, ne rimane più o meno condizionato. Perché questo? Va bene, è vero, siamo tutti esseri umani, abbiamo il medesimo corpo. Ma non dobbiamo aspirare ad avere la stessa mente. Crescendo, si diviene sempre meno fantasiosi, meno unici, perdendo l'innocenza del bambino che mostra la nostra vera natura, cambiando radicalmente i nostri atteggiamenti. Molti dicono di aver perso le loro singolari passioni che avevano pochi anni prima, giustificandosi di essere maturati. Forse è vero, ma occorre supporre che questo sia anche frutto del tentativo di agglomerarsi agli altri, sopprimendo in misura maggiore o minore ciò che ci rende unici. La diversità è, a mio giudizio, abbastanza importante da non dover essere cancellata, né ridotta. Non dobbiamo impegnarci per cercare di apparire “normali” (a detta di molti, termine usato per indicare le persone con atteggiamenti ordinari e consueti), ma solo noi stessi.
Il fatto che i quattordicenni (soprattutto le ragazze) vedano i più grandi parlare in modo ampiamente benevolo delle discoteche non sta a significare la verità di questi annunci. Bisognerebbe valutare i propri interessi, renderci conto di ciò che facciamo, e non fidarci in modo assoluto del giudizio degli altri. È giusto che andiamo a divertirci con la consapevolezza di volerlo fare, non di doverlo, per tentare di assomigliare ad una persona che non siamo. Se non ci piace, non fa niente. È un bene accettare queste persone che, come me, non amano questi svaghi serali, non deriderle per i loro gusti diversi, anche nel più tremendo dei casi. Che ne pensate?
Forse è bene che cominci a parlare di me, e non in generale. Io, come tutti i ragazzi, sono una persona unica, interiormente diversa dagli altri coetanei. Non provo piacere nel ballare; giudico ridicole le persone che si mettono in mostra davanti a tutti con stupidi balletti, soprattutto in televisione. Preferisco le chiacchierate con gli amici al parco, nella quiete, o a scuola, con giovani e adulti. Detesto la musica alta, le luci: mi fanno sentir male alla testa. E ho paura delle discoteche. Tutta quella gente sconosciuta, le bevande alcoliche, il buonsenso che ti scivola via con la musica che ti ruggisce nel cuore, e le tenebre che ne derivano. Temo la droga, le cattive compagnie...la morte, i pericoli che vi si possono incontrare. E credo di far parte di un gruppo tutt'altro che limitato di individui; conosco diverse persone che la pensano allo stesso modo. Talune lo manifestano apertamente, come me, altre preferiscono celare questi loro pensieri; non ha alcuna importanza. Io vi ho scritto affinché queste persone non si vergognino ad ammetterlo, poiché bisogna andarne fieri. Non occorre modificare la propria personalità per essere accettati dagli altri: sono loro che hanno il dovere di accettarci. Se rifiutano di farlo, be', significa che non sono persone ragionevoli, e preferisco non avere molta confidenza con questo tipo di individui circondati da barriere mentali che impediscono loro di aprirsi agli altri.
Io mi sento insolito, eppure sono felice. Non ho l'appoggio di tanti ragazzi quanti coloro che fanno di tutto per mostrarsi al passo coi tempi, seguendo un rigido stile di vita dettato dal mondo moderno; quelli che cercano i riflettori attirando la gente con prove di maleducazione e ignoranza. Non so come si faccia ad andar dietro a questa gente, ma preferisco lasciar perdere e stare con le poche persone che mi capiscono e che la pensano allo stesso mio modo. Un cerchio ristretto di membri, è vero, ma che posso farci? Io adoro la conoscenza, la riflessione, il rispetto; sono un appassionato di giochi definiti infantili (nonostante si fondino sulla matematica), e amo scrivere e leggere. Spesso vengo deriso per questo, ma non mi abbatto e continuo per la mia strada.
È ciò che vorrei che faceste tutti, cari lettori. La perseveranza è una dote importante, e sovente è in grado di guidarci verso la vittoria. Spero che questi miei discorsi non vadano a finire nel nulla, e sarei felice che qualcuno risvegliasse il proprio fuoco interno, leggendoli.
Adesso confido nel fatto che abbiate compreso i miei pensieri. Non lasciatevi illudere dalle belle voci che circolano intorno alla parola “discoteca”. Se non ve la sentite, se temete ciò che vi può accadere, non gettatevi nella mischia a capofitto. Ma questo credo di averlo già ripetuto abbastanza. Non voglio assolutamente essere ripetitivo e stancarvi con le mie frasi sparpagliate. Il mio unico obbiettivo era quello di smentire l'aura d'oro che circonda le feste del sabato sera. Non dico che debbano essere necessariamente delle esperienze negative; no. Solo, bisognerebbe fermarsi a riflettere un momento prima di impattarci con esse. Solo quando saremo pronti e determinati varrà la pena di provare queste nuove emozioni. Poi andrà come andrà: potrà piacerci, deluderci, ribaltare le nostre aspettative. Non importa. L'essenziale è non farsi trascinare dagli altri. Non siamo ottusi, e sappiamo benissimo ciò che è giusto fare e cosa no. Non facciamoci condizionare dagli altri. Non possiamo sapere le intenzioni di chi tenta di convincerci, né cosa ci riserva il futuro.
Solo così porremo le basi per un mondo migliore: sano, incontaminato, gioioso. Se tutti giudicassero con raziocinio, non sentiremmo più parlare male di discoteche e luoghi simili. Tanti errori sarebbero rimediati, molti pericoli scampati. Ricordate che siamo noi coloro che scriveranno la storia, e poi i nostri figli. Per costruire una società più bella non occorrono mattoni, ma solo menti sane e sagge persone. Ne sono convinto, e lo sarò sempre.
Spero di non aver vagato troppo coi pensieri, ma sentivo il dovere di farlo. Auspico nel fatto che questa lettera venga pubblicata, affinché molti giovani si schiariscano i pensieri più dubbi. Un caloroso saluto alla Redazione e ai lettori.