LA CRISI ECONOMICA TEDESCA E LA DISGREGAZIONE DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR
La crisi economica mondiale che si verificò intorno alla metà degli anni '20 provocò l'accentuazione delle spinte reazionarie, fondate sul nazionalismo e sulla politica di potenza, che sfociarono nella diffusione di pratiche politiche di tipo autoritario. L'affermazione del nazismo in Germania è emblematica di questo processo di diffusione del fenomeno fascista su scala intercontinentale.
Nel corso del 1930 gli effetti della crisi statunitense si abbatterono con particolare durezza sulla Germania, dove la questione irrisolta delle riparazioni di guerra fu improvvisamente aggravata dal rapido esaurirsi dei prestiti internazionali e dalla paralisi del commercio estero. Furono così travolte le gracili strutture dell'economia tedesca e la disoccupazione crebbe rapidamente. La grande crisi mutò anche il quadro politico, accelerando la disgregazione della repubblica e delle forze che la guidavano, in primo luogo dei socialdemocratici e dei cattolici. Si aprirono così notevoli spazi per l'estremismo di destra e in particolare per il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, ricostruito da Hitler dopo la sua liberazione nel Dicembre 1924. Era stato incarcerato per 9 mesi a causa del fallito colpo di stato di Monaco. Ma una volta tornato in libertà aveva proceduto subito a una riorganizzazione di quel che restava del partito, adottando questa volta una tattica legalitaria che prevedeva la partecipazione alle elezioni. I suoi membri continuarono tuttavia a fare un uso sistematico della violenza e dell'intimidazione, operando di fatto al di fuori della legalità.
L'ASCESA AL POTERE DEL PARTITO NAZISTA
Nel 1932, l'anno più duro della crisi, i nazisti conseguirono un gran successo elettorale il 30 Gennaio 1933. Il presidente della repubblica, il maresciallo Hindemburg, incaricò Hitler di formare un nuovo governo. Mentre la neonata coalizione governativa, che comprendeva nazional socialisti e nazionalisti conservatori, faticava a trovare un accordo, nella notte del 27 Febbraio un atto terroristico, l'incendio al Palazzio del Reichstag, il parlamento tedesco, la cui responasabilità fu addossata ai comunisti, fornì ai nazisti il pretesto per scatenare una sanguinosa repressione contro le opposizioni. Il giorno dopo, per decreto, furono limitati i diritti civili e fu ripristinata la pena di morte per i crimini contro la sicurezza dello stato. Nel mese di Marzo si andò così a nuove elezioni in un'atmosfera di autentico terrore. I nazisti ottennero il 43,9% dei voti, un successo che consentì a Hitler di mettere in atto i suoi programmi di sospensione delle garanzie democratiche. Il 24 Marzo il parlamento votò i pieni potteri ad Hitler, privandosi dunque delle proprie prerogative e rinunciando a esercitare il potere legislativo: furono così create le condizioni per l'affermazione della dittatura nazional socialista.
LA BASE SOCIALE DEL NAZISMO: CETI POPOLARI E CETI MEDI
La vertiginosa ascesa del nazismo, indubbiamente favorita dalle conseguenze della grande crisi che colpì pesantemente i ceti popolari e la piccola borghesia, fu però resa possibile dall'appoggio dichiarato che gli garantirono le caste militari e la grande borghesia industriale e agraria, che si riconoscevano nell'ideologia autoritaria del partito nazista.
Ma il partito nazista dovette la sua vittoria anche al fatto di essere un'organizzazione politica nuova che raccoglieva nelle proprie file soprattutto quelle categorie appartenenti agli strati medio bassi e in particolare quei settori di proletariato dequalificato formatisi all'interno delle moderne imprese pianificate secondo la concezione telorista, e sostanzialmente estranei alla cultura e alle ideologie della social democrazia e del movimento operaio sindacale. Gli operai dequalificati costituivano la categoria sociale più numerosa del partito dopo gl artigiani e insieme agli impiegati pubblici e privati. Quest'ultima era l'altragrande categoria sociale inquadrata nel partito nazional socialista: il nuovo ceto medio desideroso di distinguersi ad ogno costo dal proletariato. Su questo strato sociale e sulla sua emotività sommesa, la prpaganda naziona socialista, con il suo appello alle radici, al mito e all'eroismo, con la sua carica millenaristica, era destinata ad avere un effetto travolgente.
LA DOTTRINA DEL NAZISMO E IL CONSOLIDAMENTO DELLO STATO TOTALITARIO
Il volto più aggressivo e distruttivo del movimento nazista si manifestò il 30 Giugno 1934, in quella che passò alla storia come "La notte dei lunghi coltelli": Hitler fece massacrare i capi dell'ala sinistra del partito. Successivamente aggiunse alla carica di cancelliere quella di capo dello stato in seguito alla morte di Hindemburg, e di capo supremo delle forze armate, assumento il titolo encomiastico di Fhurer, cioè capo carismatico.
Nel 1934 i partiti politici vennero sciolti e tutti gli avversari del regime, comunisti, social democratici, democratici e cattolici, subirono violenze di ogni tipo, spesso concluse con assassini o, più tardi, deportazioni nei campi di concentramento. L'SS, i reparti militari di difesa del partito nazista comandati da Himmler, e la Gestapo, la polizia politica seminavano il terrore con azioni di inaudita ferocia. Molti oppositori cercarono scampo all'estero; fra qesti figuravano centinaia di esponenti del mondo culturale: lo scienziato Albert Einstein, gli scrittori Thomas Mann e Bertoldt Brecht, l'architetto Walter Gropius e molti altri. La messa al bando delle loro opere, solitamente bollate con gli epiteti di "degenerate", "giudaiche" o "bolsceviche", fu avviata con l'immenso rogo dei libri proibiti del Maggio 1933.
LA PERSECUZIONE ANTIEBRAICA
La dottrina hitleriana esaltava il nazionalismo e la superiorità genetica, fisica e intellettuale, della razza ariana, di cui i tedeschi sarebbero stati i più puri rappresentanti. Hitler proclamava la necessità di assicurare al popolo tedesco lo "spazio vitale" che gli spettava mediante un vigoroso espansionismo verso oriente e suprattutto verso la Russia. Il Reich doveva tornare ad essere una grande potenza planetaria e, in questo quadro, è evidente che il trattato di Versailles, ricordo bruciante della sconfitta militare della Germania nella I Guerra Mondiale doveva essere cancellato.
Secondo Hitler una delle minacce più gravi alla purezza della razza ariana e all'integrità e alla potenza della Germania era "l'infezione ebraica". Questa concezione di tradusse fin dagli inizi in una serie di azioni persecutorie ai danni dei cittadini ebrei. I motivi razzisti in realtà celavano motivazioni di natura economica, infatti la grande industria tedesca aveva bisogno di denaro e le banche erano in gran parte controllate da ebrei. Inoltre Hitler faceva leva sui sentimenti antisemiti diffusi tra la popolazione e sui pregiudizi che vedevano negli ebrei gli oscuri manovratori dell'economia e della finanza e li additava come responsabili delle rupetute crisi economiche che continuavano ad affliggere la Germania. Abbattersi contro il complotto giudaico si rivelò formidabile collante ideologico per il regime, dal momento che consentì a gran parte dei tedeschi di accanirsi contro un capro espiatorio interno e tuttavia diverso, accusato di tutti i mali.
Con le leggi di Norimberga del Settembre 1935 gli ebrei furono esclusi dal diritto di voto e dagli impieghi pubblici, dall'esercizio di professioni liberali, dal commercio, dalle banche, dall'editoria. Si proibivano inoltre i matrimoni misti e anche i rapporti sessuali tra ebrei e tedeschi, si dichiararono nulli quelli già celebrati. Rispetto ai provvedimenti restrittivi degli anni precedenti, le leggi di Norimberga sancivano la validità giuridica dell'antisemitismo, che diventava dunque per il cittadino tedesco un atto obbligato.
Dal 1938 la persecuzione contro gli ebrei divenne ancora più brutale e sistematica. Si diffuse la pratica della arianizzazione dei beni ebraici, sostanzialmente il sequestro dei patrimoni appartenenti ad ebrei, a favore del partito nazista. La notte tra il 9 e il 10 Novembre rappresentò una svolta nella storia dell'antisemitismo durante il Terzo Reich: ogni residua illusione sulla sorte riservata agli ebrei in Germania venne a cadere. Fino ad allora, nonostante le discriminazioni e le persecuzioni, molti ebrei avevano pensato di poter ancora convivere con il regime ma in quella notte in tutta la Germania si scatenò il più violento pogrom mai verificatosi fino quel momento, la Notte dei Cristalli. Le violenze antisemite provocarono più di 90 morti e altrettanti feriti gravi, migliaia di negozi e di case ebraiche furono distrutti e saccheggiati, più di 200 sinagoghe incendiate e demolite. Furono arrestati 20mila ebrei, molti dei quali vennero avviati nei campi di concentramento.
I CAMPI DI CONCENTRAMENTO E DI STERMINIO
I campi di concentramento fecero la loro comparsa quasi contemporaneamente alla presa del potere da parte dei nazisti. I primi lager, infatti, furono installati già nel 1933 per rinchiudervi i dissidenti politici. A partire dal 1936, quando la gestione dei campi passò dalle SA alle SS la macchina concentrazionaria fu organizzata in modo più sistematico e "scientifico".
Il primo campo di Dacahu fu ampliato e ad esso si aggiunsero Buchenwald, Auschwitz e numerosi altri. Secondo calcoli approssimativi, durante l'intero arco del regime nazista furono deportati nei lager da 8 a 10 milioni di individui sia di nazionalità tedesca (in primo luogo ebrei e oppositori politic) sia deportati dai paesi occupati dalla Germania durante la II Guerra Mondiale. Di questi oltre il 90% furono uccisi, soprattutto dopo che Hitler, nel 1942, varò la tristemente nota "soluzione finale", ordinando lo sterminio sistematico di tutti gli ebrei. Per questo furono allestiti veri e propri campi di sterminio, come quello famigerato di Trblinka, sorta di agghiaccianti fabbriche della morte che servivano esclusivamente all'uccisione in serie mediante esalazione di gas letali. Si calcola che la soluzione finale, che gli ebrei chiamano Shoah, cioè sterminio, e che rappresenta senza dubbio uno dei primi spaventosi crimini contro l'umanità, abbia provocato la morte di quasi 6 milioni di ebrei.
IL LAGER, MODELLO ESTREMO DELLO STATO TOTALITARIO
Il lager era parte integrante della concezione nazista dello stato, ma non serviva soltanto alla distruzione dell'avversario, quanto piuttosto a riproddurre il terrore come strumento di potere, rassicurando al contempo chi, dando la sua piena desione al regime e appartenendo alla razza eletta, riteneva di non correre rischi. Il lager era insomma il simbolo della schiavitù degli inferiori considerata come la condizione dell'emancipazione e della felicità degli eletti. Il lager rappresentava inoltre, in forma di microcosmo artificiale, il prefetto modello della società totalitaria spersonalizzata e organizzata sulla base di un sistema di disciplina in cui ogni norma è costituita dalla pura volontà dei detentori del potere. Nel campo, ogni categoria in cui sono suddivisi i prigionieri è individuata da un contrassegno visibile e individuata in un preciso gradino della struttura gerarchica; a ogni livello di status corrisponde addirittura un luogo fisico in cui u prigionieri sono alloggiati e da cui non possono uscire. Alla base della piramide stavano gli ebrei, distinti da una stella gialla o da un triangolo giallo, destinati a subire ogni tipo di sopruso sia da parte dei guardiani che dagli stessi detenuti; seguivano poi gli zingari e gli omosessuali (triangolo rosa); seguivano i cosiddetti asociali, cioè gli emarginati e i disoccupati (triangolo nero); seguivano i politici, soprattutto comunisti e social democratici (triangolo rosso), accanto ai sacerdoti e ai testimoni di Geova (triangolo viola). In cima alla piramide infine, stavano i criminali comuni (triangolo verde), detenuti tedeschi ai quali le SS affidavano generalmente il compito di mantenere la disciplina, i cosiddetti kapò, compito che essi eseguivano con spietata brutalità. Alle SS spettavano le esecuzioni esemplari. A tutto ciò bisogna aggiungere la denutrizione, le malattie dovute alla totale mancanza di igiene e di riscaldamento nelle baracche, il lavoro protratto fino ai limiti fisiologici, l'umiliazione continua e brutale dei prigionieri, la degenerazione umana e morale dei carcerieri. Era questo uno scenario di abiezione morale, di violenza fisica quotidiana, di morte generalizzata, di degradazione, di annullamento della personalità e del senso della dignità.
CONTROLLO SOCIALE, DIRIGISMO ECONOMICO, ESPANSIONISMO POLITICO
Queste spietate repressione rappresentavano il modello sociale e ideologico su cui si andava configurando il regime nazista, un regime totalitario che puntava all'assoggettamento completo e permanente degli individui e della società civile nelle strutture delo stato.
Uno degli strumenti fondamentali di questo tentativo di controllo totale fu l'educazione. la scuola, le letture, gli svaghi dei giovani erano finalizzati alla formazione di una gioventù devota al regime, perfettamente indottrinata e, nel caso dei maschi, inquadrata in formazioni paramilitari come la Hitleriugend, cioè la gioventò hitleriana, che raccoglieva tutti i ragazzi dai 10 ai 18 anni. In queste organizzazioni il tempo libero si trasformava per i maschi in addestramento premilitare e per le femmine in preparazione alla maternità e di controllarne la piena coscienza collettiiva.
A ciò si accompagnava l'azione martellante della propaganda orchestrata da Goebbels, che si servì di tutti i mezzi di comunicazione di massa (radio, cinema, fotografia, tabelloni e stampe murali), delle immense adunate e delle parate militari per esaltare le masse. Si trattava del tentativo di uniformare le coscienze e l'opinione pubblica a un unico modello culturale e di comportamento, così da garantire al regime il pieno consenso delle masse e di controllarne la piena coscienza collettiva.
Con un'accentuazione ancora maggiore che nell'Italia fascista, vennero eliminati tutti gli organismi di rappresentanza sindacale, sotituiti dal "fronte del lavoro", che comprendeva datori di lavoro, perai e impiegati.
Queste forme di controllo sociale si combinarono in un rigido dirigismo economico, attravero il quale lo stato coordinò la politica industriale, promuovendo grandi piani per i lavori pubblici per ridurre la disoccupazione. Ma fu soprattutto attraverso una accentuata politica di riarmo che venne sostenuta la ripresa produttiva dell'industria pesante.
Una simile politica economica non poteva non avere ripercussioni sulla politica estera, non solo perchè il riarmo della Germania era proibito dagli accordi della I Guerra Mondiale, ma soprattutto perchè costituiva i podromi di un minaccioso e aggressivo espansionismo. Di lì a non molto sarebbe cominciata la politica delle annessioni territoriali che avrebbero fatto esplodere la II Guerra Mondiale.