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[FanFiction] Eljas : Il Cavaliere che divenne Leggenda

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Salve ragazzi, era da un pò che volevo postare la mia FF e, grazie a Lar e Ashmaster ho capito dove farlo :D
Posto i primi 5 capitoli, spero vi piaccia il mio racconto ;)

Capitolo uno “Brutti sogni”


Era una giornata fresca e soleggiata quando venne al mondo un bimbo dalle guance paffute e rosee e due occhioni neri. Niente di speciale in tutto questo, tranne per il fatto che quel neonato fosse destinato a grandi cose, e non solo poiché era il figlio primogenito del re.

A qualche mese dalla nascita del principino, in città scoppiò una rivolta, che a poco a poco mise in subbuglio l’intero regno. Non si sapeva il vero motivo di questa rivolta, ma il piccolo principe vedeva il padre agitarsi, di giorno in giorno sempre di più. La madre tentava in tutti i modi di calmarlo, facendogli preparare delle bevande a base di erbe tranquillizzanti, cercando di fargli apprezzare le piccolezze della vita, ma lui non ne voleva sapere, e continuava sempre a ripetere che ormai era troppo tardi, che anche se fossero fuggiti li avrebbero trovati.

Questo finché una notte il re non ebbe uno scatto di ira più violento del solito e, tra le urla del bambino, e i tentativi della regina di tenerlo calmo, non ruppe uno specchio e, prendendo una scheggia lunga e appuntita trafisse sua moglie allo stomaco. Ora che lei non urlava più, il bambino lo faceva al posto suo, guardando il padre che, con le lacrime che scendevano sulle guance, si metteva in ginocchio accanto al corpo della moglie e le prendeva la testa tra le mani, avvicinandola alla sua. Ora neanche il bambino piangeva più, come se qualcosa lo avesse avvertito del pericolo imminente e che non volesse farsi notare. Di punto in bianco il padre si girò di scatto verso il piccolo, e con gli occhi fuori dalle orbite si alzò, lo prese e lo portò con se fuori dalla stanza. Attraverso un labirinto di stanze e corridoi il re sfrecciava con il piccolo in braccio, finché arrivò in uno spiazzo circolare con un diametro di circa un centinaio di metri. Mentre i due si dirigevano verso un grosso portone di ferro, già aperto da dentro arrivarono delle urla. Al suo interno si trovava una creatura enorme, ma il piccolino non riusciva a capire cosa fosse, poiché la stanza non era illuminata a dovere.
L’ultimo ricordo del piccolo principe fu quello di una sacca scuro che lo coprì dolcemente, prima i piedini, poi le gambe, poi il busto e per finire la faccia.


Eljas si svegliò di soprassalto urlando, madido di sudore e nel cuore della notte.
Udì dei passi dall’altra parte del corridoio, e dopo un po’ vide spuntare dalla soglia della porta una figura maschile altra circa un metro e ottanta e di corporatura robusta.
<<Che succede Eljas?>> Chiese l’uomo sulla soglia.
<<Niente.>>
<<Non è che per caso hai avuto di nuovo quell’incubo?>> Insistette di nuovo, con una nota di sarcasmo nella voce.
<<Si, ma non preoccuparti Amdir, non è niente>>
<<Se lo dici tu…Buona notte>> Disse l’uomo, assonnato.
<<Notte>> Rispose Eljas rigettandosi sul cuscino.
Camminando verso la sua stanza Amdir aggiunse <<E dormi, che domani mattina bisogna andare presto al mercato a comprare quello che ci serve.>>
Uno strano brivido percorse Eljas lungo la schiena. Era ogni volta così. Circa una o due volte al mese si svegliava urlando, in seguito allo stesso incubo e veniva attraversato dallo stesso brivido, e dalla stessa consapevolezza. Il bambino che popolava i suoi incubi non era un bambino qualsiasi, no, quel bambino era lui.

Capitolo due “Ricordi”

Il mattino seguente Amdir andò a svegliare Eljas di buon ora, con i suoi soliti modi bruschi, urlandogli di sbrigarsi, nonostante fosse appena l’alba.
Dopo qualche borbottio insensato Eljas si svegliò e si mise una maglia di cotone leggero a maniche corte e andò in cucina, dove Amdir e una donna, Aladhel, stavano già facendo colazione con una tazza di latte di capra. Sul tavolo ce n’era una anche per Eljas, che si affrettò a sedersi e prenderla, per evitare si sentire ancora le lamentele di Amdir.
<<Ieri sera hai avuto un altro dei tuoi incubi>> Disse Aladhel, ma non era una domanda.
<<Si, e quindi?>> Rispose seccato Eljas.
<<Ti senti bene? Voglio dire, sei sicuro di non voler andare da qualche esperto per capire bene come mai è da un anno che hai questi incubi?>>
<<Sto bene e si, sono sicuro di non volerci andare. Ho diciassette anni, potrò prendere qualche decisione da solo no?>>
Aladhel abbassò lo sguardo nella sua tazza con un’espressione rassegnata. La donna aveva circa quarant’anni, uno o due in meno del marito Amdir. Il suo viso era quello di una donna che nella vita ha sofferto molto, portava capelli lisci biondo cenere lunghi fino ai gomiti e aveva gli occhi verde scuro. Al contrario del marito aveva una corporatura esile, ed era alta non più di un metro e sessanta.
Eljas la guardò seccato e riprese a bere il latte. Ormai era alto quanto Amdir – il suo padre adottivo - e portava capelli castani ricci e lunghi che gli coprivano le orecchie. Aveva un fisico atletico, frutto dei continui allenamenti con la spada e delle lunghe corse attorno alla città. Preso l’ultimo sorso di latte si alzò e andò a prendere una bisaccia in camera sua. Però arrivato dentro e vedendo il letto che, come sempre, lo richiamava a se, non poté far altro che ricoricarsi. Guardava il soffitto, ripensando alla sua vita; quando da neonato Amdir e Aladhel lo avevano trovato davanti la porta di casa, a quando all’età di otto anni aveva iniziato ad avere la passione delle armi, a quando era entrato in Accademia, a quando, un anno prima, Amdir e Aladhel gli avevano detto di non essere i suoi veri genitori. Ma a lui non era importato molto perché pensava di non fregarsene dato che lo avevano cresciuto loro con tutto l’amore possibile. o almeno lo pensava fino a qualche mese prima, quando si era iniziato a fare domande sui suoi veri genitori, e sul perché ogni volta aveva quell’incubo, in cui ogni volta gli sembrava di morire, per poi rinascere al risveglio. Si riscosse dai brutti pensieri e si rilassò un po’. La sua camera era abbastanza semplice; un letto, un baule per i vestiti ai piedi del letto, e una finestra che dava sull’orticello di casa. Ad un tratto sentì i passi di qualcuno e, sicuro che fosse Amdir, si catapultò fuori dal letto con un balzo, per poi atterrare con il minimo rumore. In fretta prese una bisaccia che si trovava sul baule e andò verso la porta, appena in tempo, perché Amdir stava per entrare.
<<Finalmente, ma quanto ci metti per prendere una cosa!?>>
Un tantino imbarazzato Eljas uscì dalla stanza senza rispondere e andò di nuovo in cucina, seguito da Amdir. I due salutarono Aladhel e uscirono, in direzione del mercato, che si trovava a est rispetto a casa loro. A circa a metà strada passarono davanti all’Accademia. Era una struttura imponente, con mura alte circa trenta metri e spesse sette. Il portone era costituito da semplici sbarre di ferro messe in verticale e una per ogni estremità messa in orizzontale. Era alto cinque o sei metri e largo altrettanti. Subito sopra il portone si trovava una grossa insegna di legno con su scritto “A.D.B.A.” e poco sotto “Accademia Delle Belle Armi”. Nonostante fosse molto presto il portone era già aperto, e c’erano cinque guardie armate di lancia a sbarrare l’entrata.
<<Di pomeriggio vengo ad allenarmi un po’, va bene?>> chiese Eljas ad Amdir.
<<Come se ti dicessi di no tu mi ascolteresti>> rispose Amdir con una nota di allegria nella voce.
I due risero insieme e proseguirono per la loro strada. Arrivati al mercato si fermarono per mettersi d’accordo sull’orario e il posto in cui ritrovarsi e poi si divisero, Amdir verso destra ed Eljas verso sinistra. Eljas comprò un po’ di frutta e la mise nella sua bisaccia. Poi si diresse verso il venditore d’armi. Lo conosceva bene, ogni settimana andava a fargli visita per vedere se aveva nuove armi. Si soffermò a guardare una spada corta. Aveva il manico liscio di legno chiaro che terminava con una piccola sfera di metallo scuro. La guardia era dello stesso metallo della piccola sfera, e si divideva formando due lunghe strisce, che terminavano in due punte, una verso l’alto e l’altra verso il basso. La lama era di un metallo diverso, un po’ più chiaro, e terminava bruscamente in una punta tagliente. Eljas si avvicinò al venditore e gli chiese il prezzo.
<<Ehi! Qual-buon-vento! Non ti aspettavo per oggi ragazzo. Quella spada costa quattro monete d’oro e cinque d’argento. Ma se proprio ti interessa posso farti uno sconto di due monete d’argento.>> disse il venditore con la sua voce cupa.
Era un uomo alto e robusto, molto muscoloso e aveva i capelli corti e gli occhi neri.
<<Mm…Non credo li valga tutti. Hai qualcosa di meglio oggi?>>
Sul viso dell’uomo si disegnò un ghigno tra il maligno e il compiaciuto, poi disse <<Più tardi vieni a casa mia, ho una cosa da farti vedere.>>
Eljas ci pensò un attimo, poi non potendo resistere alla curiosità disse eccitato <<Va bene, verrò.>>

Capitolo tre “Ritrovamento”

Eljas trovo Amdir che lo aspettava all’entrata del mercato e i due si diressero verso casa, che si trovava ai margini della città.
Arrivarono a casa dopo circa un’ora di cammino. Mancavano circa tre ore all’ora di pranzo e Eljas ne approfittò per andare a fare una passeggiata da solo nel bosco accanto casa e prima di uscire prese l’arco e la faretra. Camminò per circa tre chilometri, quando si ritrovò in una radura dal diametro di cinque metri. Andò al centro e si distese per riposarsi un po’.
Finalmente un po’ di relax. Pensò Eljas.
Il fresco venticello che soffiava da sud, l’ombra offerta dai lunghi alberi che lo circondavano, gli permettevano di rilassarsi al massimo, quando, all’improvviso sentì degli strani rumori provenire dalla sua destra. Curioso si alzò e andò nella direzione dalla quale provenivano i rumori. Prese l’arco e incoccò un freccia, attento a non fare troppo rumore credendo che si trattasse di un cervo. Camminò per diverse decine di metri, fino a quando non spezzò con il piede un ramoscello secco che si trovava a terra. All’improvviso sentì un gran tonfo, come se una grossa frusta avesse trafitto l’aria. Eljas, pervaso da una voglia irrefrenabile di sapere cosa fosse la fonte di quel rumore, si mise a correre verso di essa. Arrivò in un'altra radura molto grande. Non c’era niente. Si guardò in torno…niente. Poi, con un brivido di paura mista a eccitazione, alzò gli occhi al cielo e vide un puntino alto nel cielo, poteva essere scambiato per un uccello qualsiasi, ma Eljas sapeva, sapeva che quell’animale non era un uccello. Era un drago, ma di che grandezza e che colore fosse ormai era impossibile da stabilire.
Incredibile! È salito così tanto in così poco tempo! Ma come ha fatto?
Poi però pensò che se quel drago si trovava lì un motivo ci doveva essere. Guardò meglio attorno, ma senza alcun risultato.
Rassegnato si voltò per tornare a casa, ma inciampò su qualcosa e cadde a terra. Dopo essersi ripreso dalla botta si mise a sedere e guardò davanti a sé. Un uovo grande quanto un anguria si trovava ora davanti a lui. Piano piano allungò la mano verso di esso. Era nero, con degli strani filamenti argentei e bianchi. Indeciso se prenderlo o no si guardò ancora in torno, per assicurarsi che non ci fosse nessuno. Il suo sguardo si posò su una massa informe che prima non aveva visto.
Ecco il motivo per il quale era qui quel drago…cavolo, un po’ più in là non la poteva fare?!
Ora gli arrivava anche il fetore insopportabile.
Bleeh, che schifo!!
Convinto che di lì a poco sarebbe morto asfissiato prese l’uovo e andò nella radura in cui si era disteso poco prima. Si sedette al centro per esaminare meglio l’uovo. Era indeciso sul da farsi.
Sarebbe bello tenerlo…dopotutto in seguito potrò sempre dire loro di averlo trovato decise pensando a quello che avrebbero detto Amdir e Aladhel.
Un brontolio proveniente dal suo stomaco gli ricordò che si era fatto tardi e così tornò di corsa verso casa, con l’uovo in braccio. Entrò in camera sua dalla finestra così da non far vedere ad Amdir e Aladhel il prezioso tesoro appena trovato. Si guardò intorno cercando un posto sicuro dove poter mettere l’uovo. Poi decise che il baule sarebbe stato un buon posto, dopotutto, Aladhel faceva sistemare tutto a Eljas da qualche anno, quindi non avrebbe avuto motivo di aprirlo. Aprì il baule, stranamente riluttante mise dentro l’uovo e chiuse il baule. Poi uscì di nuovo dalla finestra e, facendo attenzione che nessuno lo vedesse, entrò di nuovo in casa, ma questa volta dalla porta principale. Trovò la tavola già apparecchiata e Aladhel che cucinava. Amdir era seduto e visibilmente impaziente di mangiare. Eljas si sedette e aspettò insieme ad Amdir che Aladhel finisse di cucinare. Dopo un po’ in tre poterono gustare uno dei buonissimi piatti che faceva sempre Aladhel. Eljas mangiò in fretta, impaziente di poter andare a controllare l’uovo e in seguito di andare a casa del venditore d’armi.

Capitolo Quattro "Una grande avventura"

Appena finito di pranzare Eljas si diresse velocemente, ma senza dare troppo nell'occhio, in camera sua. Una volta arrivato ed assicurato che non ci fossero sguardi indiscreti su di lui, aprì il baule e lentamente estrasse l'uovo di drago, che poggiò sul letto. Eljas si sedette sul letto e portò l'uovo in luce. Ora poteva vedere meglio tutti i dettagli dell'uovo di drago che teneva fra le mani. Era di un nero molto profondo, ed aveva delle strane striature dorate su di esso, che si piegavano su di esse. Nel vederlo Eljas provò una strana sensazione di vuoto allo stomaco, come se quell'uovo lo stesse chiamando a se e lui non potesse sfuggire alla sua morsa. Spaventato lo mise in una bisaccia, che prese dal baule. Avrebbe voluto riposarsi ancora un altro pò dopo la notte insonne, ma infine decise che era meglio andare a portare l'uovo all'Accademia. Dopotutto, ancora doveva raccontarlo ad Amdir e Aladhel dell'uovo. Con l'uovo nella bisaccia andò in cucina, dove c'era ancora Amdir seduto al tavolo e Aladhel stava iniziando a sistemare la tavola. Senza dire una parola prese l'uovo e lo mise sul tavolo. Lo stupore e l'incredulità dei due conferì ai loro volti un aspetto a dir poco da ebeti. A rompere il silenzio fu Aladhel, che chiese <<D-dove l'hai trovato?>>
Poi Amdir staccò lo sguardo dall'uovo e guardò Eljas, che raccontò loro della passeggiata che aveva fatto poco prima di tornare a casa e di come l'aveva trovato.
<<Mmm...Strano>> disse Amdir.
<<Cos'è strano?>> rispose quasi offeso Eljas.
<<E' strano che tu ti trovassi in quel luogo giusto giusto quando il drago ha deposto l'uovo. Ecco cos'è strano>> spiegò Amdir, aggiungendo dopo qualche secondo <<ma forse mi sto facendo troppi problemi. Che hai intenzione di farci adesso? Lo vuoi portare all'Accademia?>>
<<Si. Stavo giusto andando lì.>>
<<Ok. Va pure, ma fai attenzione. Può valere un bel pò un uovo di questo tipo.>>
<<Si starò attento.>> disse Eljas poco prima di andare di corsa verso la porta ed uscire, per evitare di sentire la sfilza di raccomandazioni che Aladhel gli faceva ogni volta che usciva.
Dopo circa mezz'ora arrivò all'Accademia e dirigendosi verso il portone principale le guardie sbarrarono il passaggio facendo movimenti coordinati con le lance. Quello centrale chiese a gran voce <<Identificarsi!>>
<<Sono Eljas, figlio di Amdir.>>
<<Perchè sei qui, ragazzo?>>
Senza dire una parola Eljas estrasse dalla bisaccia metà uovo e lo fece vedere alla guardia che, dopo qualche secondo, si scansò, lasciando libero il passaggio. Eljas lo ringraziò e non appena ebbe superato la linea di guardie, quella che aveva parlato con lui si rimise al suo posto.
Una volta entrato nell'Accademia, ci mise circa dieci minuti per trovare la sala del Capo dell'Accademia, dato che era ormai da anni che frequentava l'Accademia e quindi conosceva tutti i corridoi e le stanze a memoria. Anche davanti alla sala del Capo c'era una grossa porta, con tre guardie tali e quali a quelle del portone principale. Facendo lo stesso procedimenti di poco prima, Eljas entrò nella stanza, alta circa 10 metri, profonda 15 e larga 10. Quasi alla fine c'era una piccola scalinata e, in cima ad essa, c'era il Capo, sul suo trono da Re. Accanto a lui si trovava un drago verde scuro, come il colore degli aghi di un pino. Se il drago fosse stato all'impiedi, sarebbe stato alto circa 4 metri. Dalle voci che aveva sentito Eljas la sua apertura alare doveva essere di circa 8 metri. La sala era divisa in tre navate: quella centrale che misurava 5 metri, e due laterali di 2 metri e mezzo. Ogni 3 metri si trovavano due grosse colonne di marmo chiaro a divide le tre navate e in mezzo alle colonne si trovava una guardia. Eljas percorse velocemente i metri che lo separavano dal Capo, le scarpe che sbattevano sul pavimento in marmo scuro provocano dei rimori che riecheggiavano nella sala più del dovuto. Arrivato davanti al Capo e al suo drago Eljas si inchinò e si mise una mano sul cuore, come si conviene salutare un re.
<<Salute a te, Capo dell'Accademia e Re di Atra.>> disse Eljas con rispetto. Dopo qualche secondo aggiunse <<Sono Eljas, figlio di Amdir. Sono qui al tuo cospetto per mostrarti una cosa che ho trovato questa mattina. Credo che possa farti piacere vederla.>> E mentre pronunciava le ultime parole estrasse l'uovo dalla bisaccia e lo porse al Capo che, una volta preso dalle mani di Eljas, parve particolarmente interessato. Il drago alzò la testa da terra e quando vide l'uovo di drago nero emise uno strano grugnito di agitazione. Passarono diversi minuti, che furono interminabili per Eljas.
Ad un tratto il Re disse con voce grave <<Sei incappato in una brutta disgrazia, ragazzo mio. o in una grande ricompensa.>>
<<Come?? Una disgrazia? In che senso?>> chiese Eljas stupito.
<<Dove hai preso quest'uovo di drago?>> chiese il Re.
<<L'ho trovato nel bosco che c'è appena fuori la città.>> Mentre parlava, Eljas, sentì una strana sensazione, come se qualcosa o qualcuno gli stesse entrando nella testa, sondandogli l'anima. Dopo lunghi, lunghissimi minuti il re disse <<Ti credo, Eljas figlio di Amdir. Ora ti aspetta una grande avventura...>>

Capitolo cinque "Sgradite Notizie"

<<U-una grande avventura? Che vuol dire?>> chiese abbsastanza stupito Eljas.
<<Vuol dire, Eljas, che sei destinato ad essere il cavaliere del drago che uscirà da quell'uovo.>> rispose il Capo dopo una risata di puro divertimento. Poi continuò dicendo <<Non ti pare una grande avventura questa?>>
C'era qualcosa nel tono della sua voce di sospetto, ma Eljas non riusciva a capire bene cosa. Forse lo stava prendendo in giro? o forse gli aveva nascosto qualcosa? Ad ogni modo doveva per forza chiederglielo per saperne di più, così, dopo qualche secondi di esitazione, chiese <<Ma, mi stai prendendo in giro?>>
<<Certo che no! Perchè dovrei?>> dopo qualche minuto di silenzio aggiunse, pensieroso <<Ma forse tu non sai come funzionano queste cose... Hmm forse posso dirti qualcosa di più, ma passerà un pò di tempo. Avevi degli impegni per oggi?>>
Eljas aprì la bocca per rispondere, ma il Capo non lo lasciò parlare e continuò dicendo <<Maccerto che non hai impegni! Cosa c'è di più importante di una lezione lampo su come ha inizio la storia di un Cavaliere dei Draghi? Credo niente.>> Passarono diversi minuti. Eljas non sapeva come dire di no ad un'occasione come quella. Massì, il venditore d'armi poteva pure aspettare, gli avrebbe spiegato tutto appena possibile. Eljas annuì, e subito il Capo si alzò, gli mise una mano sulla spalla e lo condusse con se attraverso la sala.

<<Per certi discorsi è meglio stare comodi>> disse il Capo mentre si sedeva in una della poltrone che si trovavano nella sua biblioteca.
<<Accomodati pure>> disse gentilmente ad Eljas, che si sedette senza dire una parola. Era così eccitato all'idea di stare nella biblioteca del Capo, e senza averlo dovuto chiedere anche!
<<Dimmi un pò, sei sicuro che l'uovo fosse stato appena deposto?>> chiese il Capo, con lo sguardo fisso su di Eljas.
<<Sì... Cioè no... Non saprei. Quando l'ho trovato sono sicuro che ci fosse un drago, ma quando l'ho preso non era appiccicoso o roba simile...>>
<<Oh, allora credo proprio che fosse stato appena deposto. E da un drago selvatico anche. Comunque le uova di drago non sono appiccicose quando vengono deposte.>>
<<Capisco. Per favore, puoi spiegarmi meglio perchè sono destinato a diventare un Cavaliere dei Draghi?>>
<<Oh bhè semplicissimo. Quando un drago depone un uovo, ci vogliono circa otto mesi prima che si schiuda. Se in questo arco di tempo l'uovo viene preso da un uomo, il drago che ne uscirà fuori sarà leale a lui. Nessuno conosce la natura di questo legame, ma è sempre stato così. Fin dai tempi del primo Cavaliere dei Draghi, Hotrjem figlio di Mothrior. Molti studiosi hanno impiegato la loro intera vita nel tentativo di scoprire questo mistero, ma, ahimè, nessuno ci è riuscito. Non ancora almeno.>>
<<Questo vuol dire che diventerò un Cavaliere?>> chiese Eljas ancora incredulo.
<<Ma hai sentito quello che ho detto?>>
<<Sì, ma se non volessi? Voglio dire, se non fossi disposto a diventare un Cavaliere?>>
<<E perchè non dovresti? Ogni singolo guerriero che ha solcato la nostra terra per tutta la vita ha desiderato di essere un Cavaliere, di poter cavalcare un drago, di entrare a far parte della Storia. In ogni caso, non è una possibiltà da prendere in considerazione, ragazzo mio. Il drago che uscirà da quell'uovo sarà legato a te, a te e a nessun altro su questa terra.>>
<<Oh, capisco.>>
Passò una decina di minuti, nel quale Eljas pensò a cosa potesse aspettarlo in quegli otto mesi, e al suo futuro dopo la schiusura dell'uovo. Dire addio alla sua vita di sempre, ad Amdir, ad Aladhel. Si sentiva frustrato, perchè non aveva scelta. Perchè aveva preso quell'uovo? Perchè non era andato subito a casa? Ma ormai quel che era fatto era fatto, e niente o nessuno poteva cambiare le cose. Alzò la testa e guardò il Capo dritto negli occhi e gli chiese <<Cosa mi aspetta nei prossimi otto mesi?>>
<<Dovrai allenarti e studiare, molto anche. Come si conviene ad un futuro Cavaliere dei draghi.>>
<<Capisco. Io...adesso dovrei andare. Ho tante cose per la testa. E me ne hai date altrettante su cui pensare...>> disse Eljas con la voce spezzata.
<<Ti capisco, ragazzo. All'inizio è lo stesso per tutti. Non preoccuparti, tra qualche giorno passerà, e inizierai a pensare in positivo.>> disse il Capo in tono gentile <<Ora và pure. Da qui sai arrivare all'uscita?>>
<<Sì, penso di sì. Dell'uovo cosa devo farne?>>
<<Lascialo qui. Me ne occupo io.>>
Così Eljas poggiò delicatamente l'uovo nero sul tavolino di legno che si trovava tra le due poltrone e uscì.

Quando arrivò a casa si era fatto già buio. Non aveva voglia di parlare nè di mangiare, così andò dritto in camera sua senza dire una parla nè ad Aladhel nè ad Amdir. Aveva soltanto bisogno di pensare, da solo.
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