3 ° CAPITOLO: Il bosco oscuro
Molto lontano dalla casa dei nostri personaggi, la notte incombeva ancora nel paesaggio. Alberi spogli, mossi lentamente da leggeri soffi di vento misteriosi, mentre la voce solitaria di una civetta dominava la scena. Il buio era molto penetrante, e faceva somigliare gli alberi a perpetue statue magiche e misteriose. Ogni tanto una foglia si levava dal terreno e andava a scontrarsi con la dura corteccia delle piante. L’ambiente era morto, a parte qualche movimento istantaneo di un animaletto sotto il fruscio delle foglie.
Ma qualcosa si agitava nella penombra. Un essere camminava, il volto nascosto dall’assenza di luce. Emanava un’aura di potenza e teneva in una mano un piccolo sacchettino, mentre l’altra era posata vicino ad un fodero riccamente decorato e lavorato. Il Pokémon, di un colore verde sfumato dall’oscurità, procedeva prudentemente e lentamente, pronto a percepire un qualsiasi movimento sospetto. Poi si fermò. C’era qualcosa di strano in quell’individuo, che lo rendeva particolarmente fuori dal comune e sospetto.
Stava stringendo checché ci fosse nel fodero, pronto ad estrarlo in qualsiasi evenienza. Ma non sembrava che ce ne fosse bisogno. Il paesaggio era immutato, terribile e placido come prima.
Però, tutto a un tratto, da dietro un albero uscirono tre Pokémon scuri in faccia, che brandivano lunghe spade affilate, tranne uno. Era senz’altro il più affascinante, che emanava una forte aura di potere. Era di un colore blu intenso, come il palmo della sua mano, che luccicava riscaldando l’atmosfera. Poi comparvero altri di quegli scagnozzi più piccoli, ma che parevano essere tutt’altro che innocui. In tutto dovevano essere una decina.
Dopo questa apparizione, l’essere color verde estrasse la sua arma a una velocità incredibile con la mano destra, mentre alzava l’altra facendola luccicare. Subito avanzò e cercò di colpire alcuni scagnozzi, mirando agli stinchi, ma loro pararono il colpo sincronizzando l’azione di tre spade assieme, con una coordinazione inaudita. Con una smorfia, il capo degli assalitori mosse il braccio verso di lui mormorando parole a bassa voce. Subito ne uscì una lingua di fuoco, diretta verso il Pokémon rivale. Ma esso scosse il suo palmo pigramente, creando una cristallina barriera d’acqua, grazie alla quale si difese. Altri scagnozzi provarono ad attaccarlo, ma senza considerevoli risultati, dal momento che con grazia saltava tutti i colpi, o li parava con la propria spada. Poi provò a colpirli con la magia, evocando un globo di sostanza liquida diretto verso gli scagnozzi, ma il Pokémon comandante si mosse con una rapidità inaudita, indicando con due dita uno spazio vuoto davanti ai suoi aiutanti. L’acqua emessa dall’essere verde vi andò a sbattere, come se l’aria fosse diventata improvvisamente solida. Fu allora che sette delle dieci piccole creature affondarono altri colpi, e la vittima cercò di pararli ruotando il fendente. La mossa ebbe effetto, ma da dietro spuntarono gli altri tre che l’attaccarono alle spalle, costringendo il Pokémon a voltarsi. Ma esso non lo fece, ma anzi alzò di nuovo il palmo brillante evocando dietro di lui uno specchio di fuoco all’ultimo istante. Due scagnozzi vi passarono attraverso e ne uscirono morti, con i corpi bruciati totalmente e le armi a terra, mentre il terzo lo saltò agilmente e riuscì a colpire l’essere verde incidendogli la scapola. Il Pokémon emise un gemito soffocato, poi si voltò con rabbia e mozzò la testa al suo aggressore.
Il Pokémon più grande alzò entrambe le mani, evocando scintille di fuoco e di fulmine, e le lanciò un po’ per volta verso il Pokémon verde, che ne schivò talune e ne deviò altre verso gli scagnozzi (ferendone tre), ma l’attacco ebbe comunque effetto su di lui, poiché alcune scintille lo colpirono nei punti più difficili da proteggere, come i piedi o i fianchi.
L’essere verde, benché dolorante, non s’arrese e continuò a lottare, tenendo legato ben stretto il suo piccolo fagottino alla vita. Ma presto cominciò a cedere, sotto i duri colpi degli scagnozzi, e dei magici del loro generale. E’ vero, riusciva sempre ad evitarli o pararli, sia con la magia che con le doti atletiche, ma ciò chiaramente non bastava a fronteggiare sei avversari. Cinque dei piccoli esserini erano già a terra, incapaci di reagire, ma stranamente questo non faceva infuriare il generale, che continuava ad attaccare frequentemente. Ma c’era qualcosa di strano in quel duello. Il Pokémon attaccato dubitava che i suoi avversari stessero colpendo con tutte le loro forze; forse non lo volevano morto. Oppure sì; il contenuto del suo sacchettino era di estrema importanza, e sarebbe terribile per il suo popolo perderlo. Così si decise.
Con alquanto rimorso, fece un’incredibile capriola in volo all’indietro, nel tentativo di allontanarsi dai suoi aggressori.
Alzò il braccio, tutto tremante. Rinunciare alla propria vita era davvero difficile. Ma doveva farlo per i suoi compagni e per il bene del mondo. Quindi indicò il fagottino con la mano, mentre i suoi nemici si avvicinavano increduli, lentamente. Il comandante degli assalitori cominciò a correre, nel tentativo di fermare il Pokémon. Ma non servì; esso aveva ormai capito che lo volevano vivo per estrargli i segreti del suo popolo. Non l’avrebbe fatto.
Chiuse gli occhi e urlò, nello stesso istante che il nemico lo sfiorava con il palmo: "Che la luce lo trasporti lontano da qui". Il sacchettino iniziò immediatamente a brillare, emanando un’intensa luce dorata.
L’essere color verde si accasciò al suolo, privo di forze. Trasportare il fagotto lontano aveva consumato tutte le sue energie, poiché era una delle magie più impegnative. Il nemico lo fissava, ansante. Aveva fallito la missione. Avrebbe dovuto prenderlo vivo, insieme al contenuto di quel misterioso sacchetto, per portarlo al Capo. Rassegnato, estrasse la sua spada e la conficcò nel corpo della vittima, anche se era già stato privato della forza vitale; dopo se ne andò, insieme ai pochi scagnozzi superstiti che lo guardavano intimoriti e piuttosto spaventati, mentre portavano sulle spalle i compagni inerti.
La natura, con il monotono soffiare del vento, era rimasta inflessibile di fronte al tragico evento di così tante morti. Solo un gruppo di civette, appollaiato su un albero, rendeva omaggio al corpo della vittima. Un Kirlia, uno dei più belli che avessero mai vissuto, giaceva sul freddo terreno dell’oscuro bosco.