5° CAPITOLO: Un nuovo inizio
Era disteso, e ascoltava il silenzio. Doveva essere in un luogo che conosceva, perché quei cinguettii, quei suoni non gli erano nuovi. Non ricordava più nulla di cosa fosse successo un'ora prima; solo un'esplosione, delle grida, e poi il vuoto. Ma sapeva di non essere morto. No, perché percepiva il suolo sotto a sé, umido e compatto, e quindi aveva il senso del tatto, doveva essere più che anima, aveva ancora un corpo. Ma non aveva idea di come fosse riuscito a fuggire, a mettersi in salvo, benché non ricordasse i fatti precisi; più che altro lo avvolgevano delle sensazioni, paura, terrore, tristezza...morte. Quel senso di morte lo consumava lentamente, come una ferita fisica: cosa poteva essere successo di così tanto tragico? Un amico l'aveva lasciato? Bulbasaur? Treecko? Lorenzo? I suoi genitori?
«No, non è possibile» si disse, e lentamente si alzò.
Non appena schiuse gli occhi, si rese conto veramente di dove fosse. Quelle foglie, quegli alberi, quegli squittii appartenevano al bosco di Timerlìn. Ma fu un'altra cosa ad attirare la sua attenzione. Un gruppo di piccoli Pokémon stavano in cerchio a pochi metri da lui, e tutti avevano un'aria apparentemente triste. Pelipper non riusciva a vedere cosa, o chi, stesse in mezzo. Poi, d'un tratto, un Pokémon si spostò, e il pellicano scorse una macchia rosa...una mano.
Ricordò tutto. Quel Pokémon esile in casa sua, quel raggio giallo, Lorenzo a terra, se stesso che urlava. E, lentamente, le lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Era finita, non c'era nulla da fare. Perché non era morto anche lui? Quanto avrebbe desiderato restare per sempre con il suo Allenatore. Ma no, Lorenzo l'aveva salvato, si era sacrificato per salvare il suo adorato Pokémon...quel Pokémon, che adesso piangeva, singhiozzando, con globi vitrei al posto degli occhi, lucidi dal dolore.
Si avvicinò al suo corpo. I Pokémon gli fecero spazio, e lui vide la tristezza nelle loro facce. Poi si voltò verso Lorenzo. Il suo corpo era lì, adagiato sulle fronde. A quella vista, le ginocchia del pellicano cedettero, e cadde al capezzale del ragazzo. Non poteva fare nulla per salvarlo, ormai. Non avrebbe più visto i suoi sorrisi, i suoi occhi pieni di vita; non avrebbe più udito le sue battute, i suoi incoraggiamenti. Ormai era un guscio vuoto, privo di vita, Pelipper non riusciva più a scorgere la sua anima nelle sue pupille...le lacrime continuavano a scendere, colavano e finivano sul suo Allenatore. Perché la vita era così breve?
Poi Pelipper si alzò, lo contemplò un'ultima volta e lo abbracciò. Era tutto ciò che poteva fare per ringraziarlo, non trovava parole adatte. Poi, senza nemmeno pensarci, alzò un'ala e la posò sul suo petto. Il palmo s'illuminò, e i corpo di Lorenzo brillò per un istante. I Pokémon e gli animaletti intorno lo fissavano curiosi, ma Pelipper non ci fece caso. Inspirò, e la sua ala entrò nel corpo del suo Allenatore. D'un tratto, tutte le scottature, tutto lo sporco sulla salma di Lorenzo se ne andò, mentre gli abiti strappati e bruciacchiati si cucirono, tornando come nuovi. Poi il pellicano crollò a terra, fissando Lorenzo. Era cambiato molto, adesso. Pelipper pensò di aver fatto il massimo per lui. Non riuscì a formulare nient'altro. Si accovacciò a terra, al suo fianco. Le stelle notturne rilucevano splendenti in cielo. Vide il suo Allenatore sorridente, lassù.
«Lorenzo».
? ? ?
«Su, Pelipper, alzati».
Un Pokémon grande scuoteva il pellicano addormentato. Sembrava molto vecchio, ed assomigliava incredibilmente ad una tartaruga, solo un po' più grossa delle normali testuggini. Aveva il corpo arancione pieno di graffi e ammaccature, provato dall'età, e il guscio marrone, con chiazze più scure qua e là. Nei suoi occhi azzurri si leggeva una profonda desolazione. Al suo fianco c'erano due Pokémon verdi. Le lacrime irrigavano le loro facce, piene di tristezza per la sorte dell'amico.
«Pelipper. PELIPPER! Pel...» s'interruppe.
Il pellicano aveva appena schiuso le palpebre. Aveva gli occhi terribilmente gonfi, e il volto buio e depresso.
«Chi è lei? Cosa...Bulbasaur! Treecko! Che diavolo ci fate qui? Mi ci avete portato voi? Ma...ma...».
«Sta' calmo» disse il Pokémon anziano. «Ti racconteremo tutto, dacci solo un po' di tempo».
«D'accordo» disse Pelipper, e la sua faccia s'incupì. «Ma prima mi dica chi è lei».
«Ma come, non lo riconosci?» esclamò Treecko.
«Mi chiamo Torkoal, e sono il tuo maestro, ma credo che tu non intendessi questo».
«No, infatti. Sento potere in lei. Forse lei sarà in grado di spiegarmi alcune cose. Allora, chi è lei?» chiese, un po' scontroso.
I due amici assistevano sbalorditi alla scena.
«La mia identità, ancora, non te la svelerò. Ma ti spiegherò qualcosa» disse calmo, ignorando i toni di Pelipper. Egli capì che sarebbe stato difficile arrabbiarsi con lui, e si mise a sedere, abbandonando gli atteggiamenti aggressivi.
«Va bene. Ma perché non può dirmi chi è?»
«Non sta a te conoscerlo ora, né a nessun altro. Sappi solo che puoi fidarti di me. Ora guardami. Vedi del male in me?».
Il pellicano si raddrizzò, e fissò Torkoal intensamente. Anche se non ne aveva alcun motivo, sentiva la verità nel suo corpo. E sorrise leggermente. «No. Mi fido di lei. Ma...»
«Sì, sono stato io a prendere Lorenzo e te mentre eri privo di sensi. E ho creduto che fosse prudente portarvi qui».
Pelipper udì distintamente Treecko borbottare qualcosa come “Quei due si leggono nel pensiero” a Bulbasaur, ma non poté fare altro che dargli ragione. Come aveva fatto Torkoal a sapere la sua domanda in anticipo, questo non l'aveva ancora capito.
«Ma come...» cominciò, ma Torkoal lo fissò e Pelipper, inevitabilmente, s'interruppe.
«Non è questo il momento» tagliò corto.
«Ma lascia che ti racconti tutto. Vedo un tenace desiderio di sapere, in te. Le tue domande sparse, tuttavia, dubito che ti accontenterebbero e ti illustrerebbero tutto. Permettimi di parlare».
Il pellicano lo guardò un momento, fece un lungo sospiro e annuì. Torkoal prese fiato e iniziò a narrare.
«Tutto è cominciato da quando, camminando in periferia di Timerlìn, ho sentito delle voci provenire da una casa, che doveva essere in realtà categoricamente abbandonata. La cosa mi ha incuriosito non poco, ma avevo camminato molto, e vedi, alla mia età, è molto faticosa qualsiasi cosa; così ho deciso di tornare a casa. Avrei controllato il giorno dopo».
«Ma non ha avvertito la sensazione che ci fossero degli sconosciuti? Cioè, intendo come ha fatto poco fa con me, non poteva leggere nel pensiero a quei Pokémon?» domandò Pelipper.
«Inizialmente ho fatto un tentativo, ma non riuscivo ad avvertire nulla. Ho pensato che fosse a causa della mia stanchezza, delle mie poche forze. Solo adesso mi rendo conto che è stato un Pokémon, e anche molto dotato, a impedirmi di esplorare le loro menti. Come ti stavo dicendo, sono tornato a casa, tranquillo, ma ad un certo punto ho visto qualcuno, accompagnato da un immenso potere, uscire dal bosco».
«Sei tu, Pelipper» commentò Treecko affannato. «Eravamo in tre, e Pelipper ha toccato una pietra, ho qualcosa del genere, che l'ha portato in alto e gli ha fatto qualcosa. Noi eravamo spaventati, ma poi lui è tornato a terra e ha, non so come dire, ecco, sputato acqua dal becco, ma quell'acqua non l'aveva presa lui, e dopo...».
Il pellicano ebbe un gemito dentro di sé: lo sconosciuto assassino gli aveva chiesto esattamente quello. E se Torkoal fosse un suo alleato? Ma no, altrimenti l'avrebbe lasciato morire nell'incendio, e avrebbe salvato quel Pokémon esile. Ripensando all'accaduto, gli vennero in mente improvvisamente delle domande, ma si ricordò di ciò che aveva promesso a Torkoal e continuò a pensare in silenzio. E se Torkoal l'avesse salvato solo per scoprire qualcosa di lui, e l'avesse incantato in qualche modo facendo sì che dicesse più cose possibili? «Ma io non so niente» pensò il pellicano. Ma se Torkoal, invece che assistere alla misteriosa discussione nella casa abbandonata vi avesse preso parte?
«I tuoi pensieri mi turbano, mio giovane Pokémon» commentò l'anziano Torkoal.
«È lei a turbarmi!» urlò Pelipper, e tutto il suo dolore, tutta la sua rabbia per i recenti avvenimenti esplose. «Perché non è venuta prima a salvare Lorenzo? Perché ha salvato solo me? Me lo dica! ME LO DICA!», e si avventò furioso contro Torkoal. Ma il Pokémon non fece nulla per difendersi, né alzò un dito: il pellicano cominciò a prendere a pugni ogni parte del suo corpo che riusciva a raggiungere, voleva solo fargliela pagare. Poi, all'improvviso, si calmò e si sedette. Allora Bulbasaur si alzò bruscamente e disse: «Adesso gli ha fatto anche una magia, giusto? Pelipper aveva ragione a non fidarsi di lei, e...».
«Non mi ha fatto nulla» sentenziò il pellicano. «Ho smesso da solo». E d'un tratto le sue guance divennero di un colore rossiccio. Come se nulla fosse successo, Torkoal spiegò: «Doveva solo sfogarsi un po'. L'ho letto nella sua mente. Ma se non avesse avuto quell'intenzione, probabilmente si sarebbe trovato a terra». Nei suoi occhi aleggiò una sensazione di stanchezza.